Non c’è best-seller o Academy Award o partecipazione ad X-Factor che garantisca gloria e fama quanto spararsi un colpo in testa. O in altri organi vitali. O rifarsi le tette. Da Vincent Van Gogh a Ernest Hemingway, da Kurt Cobain a Luigi Tenco, da Hunter S. Thompson a Vladimir Maiakovskij, da Joseph Goebbels al giovane Werther: l’arma da fuoco è un evergreen del suicidio e un pass per la notorietà eterna, nonché un comodo fermacarte. La ricetta (particolarmente diffusa negli Stati Uniti, per via dell’abbondanza di armi da fuoco e di ragioni per deprimersi) è quanto di più facile si possa immaginare. Una volta recuperata una pistola (va bene anche un fucile), raccogliete tutta la vostra disperazione, i vostri debiti, eventuali bancarotte aziendali, un pò’ di sensibilità artistica (se ne avete) e mescolate il tutto con una malattia cronica, dopodiché premete il grilletto. Se c’è riuscito Hitler col Parkinson, può riuscirci chiunque.
Referto N° 01
Nome paziente: Kurt Cobain
Tecnica suicidio: Fucile Remington Model 11 - Cal.20
Data del decesso: 05/04/1994
Note:
Fuggite dalla clinica nella quale vi state disintossicando e recatevi in un luogo isolato - a titolo meramente esemplificativo: la serra presso il garage di una casa sul Lago Washington -. Prendete il primo fucile da caccia che trovate in casa. Scrivete una lettera d’addio che motivi la vostra dipartita con argomentazioni profonde in grado di nascondere l’impossibilità di trascorrere un secondo in più con vostra moglie.